Perché ho smesso di mangiare Gelsomino.

Dal web

Non so come nasciamo, ma ci allevano onnivori. Mangia il pesce, che c'è il fosforo e diventi intelligente: così poi fai l'ambasciatore. Mangia la carne, così diventi grosso. Mangia gli spinaci, che fai i muscoli.

Non so come nasciamo, ma via via diventiamo onnivori. A me però più che le ossa e i muscoli crescevano le domande.


E ad esempio una delle cose che mi chiedevo, nel periodo in cui ti interroghi su altre cose tipo il linguaggio, era se - sperso in un luogo non dico inospitale, ma almeno privo di negozi- sarei riuscito a cavarmela. A non morire di fame.


Nel caso mi capitasse ho sempre sperato non fosse un naufragio su quelle isole deserte. Perché fin qui non sono diventato ambasciatore di nulla, ma il pesce mi disgusta. Da morto. Da vivo lo tollero, basta che stia a distanza.

Nel caso mi capitasse, mi sono alla fine detto, spero che ci siano molte di quelle bacche e radici di cui si favoleggia, perché ammazzare qualcuno che non sia già morto, anche per la nobile ragione del non morir io di fame, non mi appartiene.
Si, si: riconosco l'ipocrisia. Da sempre, non sono mai riuscito a mangiare nulla che mi guardasse negli occhi (i pesci, appunto. Se non li fai a tranci ti guardano anche da totto la salsa più coprente). E nemmeno che fosse riconoscibile nelle sue forme di vivente. Come le quaglie, le lumache, quegli animali lì che non si prestano a esser fatti a bistecche o bocconcini. 

"Mangia e cresci, grande, grosso, intelligente e.. "
Ipocrita. Cresci ipocrita mangiando animali che, dipendesse da te, continuerebbero a scorrazzare, strisciare, svolazzare, nuotare, dormire dentro le loro tane. 

C'era Michele, che aveva tre anni quando io ne avevo sei, che gli davi in mano un passerotto e quello diceva "che bellino, lo posso schiacciare?". Odi et Amo. Antropatologia allo stato infantile. 

La prima coscienza è quella: non ti sogneresti mai di mangiare tua sorella (che del resto è un mucchio di ossa). Non il tuo cane (che però non ci pensa due volte a prenderti a morsi). 

Ma i passerotti non si ammazzano, michele! Si rimettono nei nidi, Michele, milanese criminale di tre anni...
E il piccione? che l'hai allevato sul balcone, custodito amorevolmente, protetto dal vento e dalla pioggia.. Il piccione ci giochi, ci parli, non puoi mica mangiarlo. Per il semplice fatto che è vivo, con tutte quelle piume, le ali, e tu non lo ammazzeresti mai un compagno di giochi, anche se è stupido come un piccione! Piuttosto ammazzeresti Maurizio che non capisce quando fai gli scherzi; ma il piccione no, il piccione no!

Ci pensa qualcun altro. Il piccione scompare in una busta, riappare sul tavolo. Qualcosa non torna ma puoi crescere; ancora un po' ipocrita. 

Quell'ipocrisia resa possibile ad esempio dal fatto che quando ti dicono "agnello" per te è un nome, una etichetta, più tardi un codice a barre. E chi l'ha visto mai un agnello? E dove dovevo vederlo al porto? Nel campo di calcio della parrocchia?

Finché un giorno incontri Gelsomino. 

Che magari non è proprio un agnello, piuttosto un pecorello. Ma insomma è giovane, tanto che arriva al cancello accompagnato da mamma e papà. Perché in giro lo sanno che per te "bio" significa che l'erba o la mangiano gli animali, o l' abbrucia il fuoco, oppure ci penserà l'inverno. Quindi per non sprecare ti mandano Gelsomino e tutta la famigliola a far pranzo, cena e tutti gli spuntini intermedi. Per giorni, settimane, mesi.

E con Gelsomino non è una storia facile, eh!? Il cane lo morde, lui si bruca i germogli degli olivi.. insomma, è più guerra che altro. Ma ti puoi mangiare Gelsomino? Dopo tutto il tempo passato a rincorrerlo? Puoi chiamare per nome una costoletta?

O ti puoi mangiare i maialini dell'amico allevatore biologico, che ti corrono incontro come dei gattini o dei cagnolini? O la Mucca Chevrolet, con i capelli sugli occhi, che sembra un ficchettone un po' snob con il filo di paglia tra i denti?

Perché la storia per me è un po' quella. Chiodate: quando ne hai vista una le hai viste tutte. Ti ci abitui. Le consideri necessità.

Ma quando in ogni vetrina ci rivedi Gelsomino: a quello no, non ti ci abitui. Anche se qualche volta è il sacrificio dell'amico che ti salva la vita. 

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